Testo di Patrizio Fermani
Pubblichiamo questo articolo, ringraziando il nostro socio storico Patrizio Fermani che ha ricoperto per tanti anni il ruolo di segretario, scusandoci per il disguido avvenuto sul Notiziario Ubibonsai, che per una fraintendimento, non ha visto pubblicato il proprio nome come autore.
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i invitiamo a visionare il post facebook originale di Patrizio al link https://www.facebook.com/share/p/15nuXqzHy4/
Il bonsai in Italia è passato attraverso 3 generazioni di bonsaisti; la 1^ generazione va dagli anni 50 a inizio anni 80; la 2^ da metà anni ottanta alla prima decina degli anni 2000, la 3^ è quella attuale.
Avendo avuto il privilegio di far parte della 2^ generazione; ho vissuto la 1^ come ammiratore, la 2^ come protagonista, la 3^ come osservatore, questo mio scritto vuole essere una tran d’union tra generazioni, prima che se ne perda completamente la memoria… purtroppo in gran parte già perduta!
All’inizio degli anni ’80, quando mossi i primi passi nel mondo Bonsai era veramente difficile trovare informazioni, non c’erano pubblicazioni né tantomeno club o gruppi organizzati.
Era l’epoca del Torinese CARLO ODDONE trapiantato ad Arco di Trento (teorico del bonsai da seme), il fiorentino GIANFRANCO GIORGI (collezionista amatore), il livornese CARLO BAZZALI (precursore degli Shari), LUIGI CRESPI (collezionista e commerciante) il bolognese WERTER PACCAGNELLA (collezionista piante rare) e pochi altri; tra questi vi era ARMANDO DAL COL, anagraficamente più giovane e con una visione più ampia del bonsai, sempre della stessa generazione dato che ha iniziato giovanissimo a creare bonsai alla fine degli anni ’50. Come si potrà meglio approfondire nel video allegato, Armando iniziò a seminare alberi per poi coltivarli in vaso nel 1958 senza conoscere il Bonsai. Solo dieci anni dopo entrò in possesso del libro “Bonsai pratico per principianti” di Kenji Murata dove conobbe il Bonsai, gli stili, le tecniche ecc.
Quando negli anni ’80 Armando Dal Col esponeva nelle varie mostre i suoi bonsai e in particolare il bonsai di faggio “Patriarca” lasciava stupefatti e tutti gli altri bonsai scomparivano davanti alla sua imponenza, per l’epoca!
Conobbi tutti questi personaggi a partire dal 1983 ad una mostra nazionale organizzata a Livorno da Carlo Bazzali, e fu il classico colpo di fulmine. All’epoca l’emozione di incontrarli, poter ammirare i loro bonsai in mostra, sentire le loro spiegazioni era paragonabile allo stupore e all’emozione che, anni dopo, provai negli incontri con i maestri giapponesi. Era l’epoca dei “puri”, i bonsai non si comperavano e non si vendevano (tranne i pochi commercianti importatori, ma già per un “puro” sarebbe stato riprovevole comperare un bonsai da collezionare). Le piante non si stravolgevano, si posizionavano i rami con filo, ma si rispettava “l’albericità”, ossia il portamento naturare dell’albero così com’era quando era stato raccolto, sia che fosse stata conifera, sempreverde o caducifoglia; tutti materiali provenienti da seme, da vivaio o raccolti in natura, ma comunque molto elementari.
Si facevano bonsai con qualsiasi specie, si privilegiava la vastità delle specie da collezionare, in particolare per la colorazione delle foglie, la fioritura, le ramificazioni sottili ecc. Si apprezzava soprattutto le differenze tra le varie stagioni, le conifere e sempreverdi non erano molto considerate proprio per la monotonia del loro aspetto.
La 2^ generazione iniziò e si formò ammirando e ispirandosi ai bonsai dei predecessori, ma nel tempo si rese conto che questo era stato un buon punto di partenza ma non quello di arrivo. Nel 1989 il 1° Congresso Mondiale del Bonsai ad Ômiya, vide la partecipazione di un’ampia delegazione di bonsaisti italiani, fu la rivelazione, tutto cambiò. Il Bonsai che si praticava in Italia era un Bonsai superato già da molti decenni anche in Giappone, il Bonsai attuale era tutt’altra cosa.
All’epoca in Italia c’erano 3 Associazioni nazionali: AIB; ABAN; ABI; ognuna di queste si adoperava per favorire gli interscambi con i maestri giapponesi, nel 1990 l’ABAN invitò al suo congresso a Torino Kimura, quando era già attiva la scuola di Suzuki; L’AIB portò di nuovo Kimura a Pescia nel 1995, poi Kobayasci; l’ABI inaugurò l’università del Bonsai presso il Centro Bonsai Crespi.
Erano anni di fervore bonsaistico, la crescente competizione tra Associazioni fece sì che il bonsai italiano di questa 2^ generazione crescesse qualitativamente ed emergesse non solo a livello nazionale ma anche europeo.
Dopo lunghe ed estenuanti trattative nel dicembre 1995 a Milano nacque l’UBI; sulla scia del Catalogo giapponese della Kokufu ten nel 1997 uscì la 1^ pubblicazione del Catalogo “Migliori bonsai e Suiseki”, il primo in Occidente, quello che con le sue 26 edizioni, vanta la più antica documentazione dell’evoluzione del Bonsai al di fuori dal Giappone.
I maestri della 2^ generazione facevano proselitismo e diventarono gli “idoli” dei giovani che sempre più si affacciavano al bonsai e che sarebbero diventati i protagonisti della 3^ generazione, cosi come avvenuto in passato tra la 1^ e la 2^.
Quando ero all’apice della mia parabola bonsai, tra questi “fans/follovers” ricordo con particolare affetto 2 di loro, in ordine di tempo: del 1^ conservo ancora una lettera con un’artistica calligrafia, in cui mi viene espressa l’ammirazione e la gratitudine per avergli affidato la lavorazione dei bonsai della mia collezione, di averlo fatto conoscere al grande pubblico con una importante dimostrazione in uno dei 4 Congressi nazionali, di cui uno Europeo, da me organizzati a Fermo.
Del secondo conservo il ricordo di un giovane che ad un Congresso ad Arco, accompagnato dei genitori forse perché ancora minorenne, mi venne incontro deciso porgendomi la mano da stringere con queste parole “sig. Fermani sono un Suo ammiratore, conosco tutti i Suoi Bonsai… e un fiume di altre parole di apprezzamento”
Questi due personaggi, seppur in modi diversi tra loro, sono diventati i Protagonisti del Bonsai italiano di 3^ generazione non solo in Italia ma nel resto del Mondo escluso l’Oriente.
è servita a spiegare il contesto dove collocare il protagonista di questo articolo per il riconoscimento di uno dei primi Maestri Bonsai nell’ambito delle 3 generazioni.
Oggi (così come anche ieri) puerilmente si tende a guardare con sufficienza o addirittura commiserazione i bonsai delle epoche precedenti, per immaturità e superficialità, perché senza di loro non ci sarebbero state le basi con cui iniziare e le conoscenze per progredire.
Con i suoi oltre 65 anni di attività bonsaistica, ARMANDO DAL COL può essere definito l’ultimo “Maestro dei Maestri dei Maestri”. Il risultato di questa sua attività può essere ammirato nel suo “Giardino Museo Bonsai della Serenità” Tarzo (TV).
Coerente per tutta la vita, la sua collezione è rimasta integra (non smembrata da vendite) cresciuta negli anni per numero di esemplari e di specie. Alla sua veneranda età, (quasi tutti i suoi coetanei ci hanno lasciato) coadiuvato da sua moglie Haina, accudisce la più ampia e longeva collezione di bonsai italiani, aperta al pubblico e alle scolaresche.
Un vero MUSEO in quanto vi si trovano le più disparate varietà di piante, centinaia di bonsai tra i quali i Larici seminati nel 1958, piante raccolte in natura, Larici e Aceri con le loro meravigliose colorazioni stagionali, meli, glicini e altre piante dalle fioriture eccezionali e carichi di bacche, conifere nostrane, un carosello di forme e colori che riempie gli occhi e l’animo di chi li osserva.
E’ stato definito “MUSEO” con cognizione di causa; se dovessi paragonare i giardini Bonsai a dei Musei d’Arte:
il GIARDINO MUSEO BONSAI DELLA SERENITA’ (1^generazione) lo rappresenterei con i
MUSEI CAPITOLINI;
uno dei Giardini Bonsai odierni (3^generazione) lo rappresenterei con il MAXXI.
Il MAXXI espone straordinarie opere d’arte moderna/contemporanea, indirizzata ad una nicchia di pubblico più o meno esperta, seppure opere straordinarie sono poco comprensibile al grande pubblico.
I MUSEI CAPITOLINI espongono opere del passato, opere immortali, figurative, educative dove il pubblico e le scolaresche (che sono il futuro) possono comprendere e avvicinarsi all’arte.
Entrambi i Musei sono fondamentali, ma non puoi avvicinarti e capire l’arte del MAXXI se prima non conosci quella dei MUSEI CAPITOLINI.
Picasso che amava, studiava e si ispirava ai pittori del passato diceva: “mi ci sono voluti 4 anni per dipingere come Raffaello, ma una vita intera per dipingere come un bambino”
(4 anni di studio possono insegnare la tecnica per essere un buon Artigiano, ma per essere un’Artista serve tutta la vita.)